Immaginate il Milan di Ancelotti senza Gattuso. Un mare di legnate e polmoni fra le geometrie di Pirlo, le cannonate di Seedorf e le galoppate di Kakà. Togliete Armando Picchi dall’Inter di Herrera, che aveva nel capitano livornese il cuore ed anima di un gruppo accarezzato dal talento di Jair, Suarez, Mazzola e Corso. Togliete alla Juventus Furino, al Milan di Sacchi Ancelotti, allo United di Ferguson Roy Keane, all’Inter di Mourinho Cambiasso. Togliete all’Italia dell’82 Oriali, a cui il Liga dedicò “Una vita da mediano”. Ed infine, togliete alla Juve di Lippi Antonio Conte: ora, provate a togliere Kante a quest’ultimo, il risultato sarà molto probabilmente devastante.

Nella Serie B francese fino a tre anni fa, oggi il transalpino è uno dei giocatori dalla più alta percentuale partite giocate-vittorie nella storia della Premier League. L’anno scorso è stato senza ombra di dubbio l’uomo simbolo dal punto di vista tattico del miracolo targato Leicester, capace di realizzare il maggior miracolo sportivo degli ultimi 30 anni. Ranieri, quest’anno, a confronto sembra avere una squadra che gioca almeno due in meno. Perché la sensazione netta, osservando anche solo 5 minuti di una qualunque delle 37 partite disputate da Kante con le foxes, è che di lui sul rettangolo verte ce ne fossero almeno il doppio.

Quando Antonio Conte è arrivato a Londra, sponda blues, ha fatto proprio il suo come primo nome. 38 milioni di euro spesi, il Leicester ne sborsò circa 9 per strapparlo dal Caen. Una plusvalenza di 30 milioni che spiega chiaramente quanto il mediano francese rappresenti un plus per qualsiasi squadra in cui militi. La capacità di incidere anche su questo Chelsea prossimo ad alzare al cielo il trofeo della Premier League è imbarazzante. Quasi il 70% di vittorie quando c’è lui in campo, uno schermo davanti alla nuova difesa a tre strutturata dal tecnico leccese capace di infondere alla squadra quella sicurezza e solidità mancante nei primi due mesi alla guida dei londinesi. Oggi Kante, tra qualche infortunio di troppo, rappresenta molto più che un amuleto per Conte.

A guardare i nomi scalzati da Kante nella speciale graduatoria che mette in rapporto le partite giocate col numero di vittorie raccolte, vengono i brividi. Gente come Yaya Touré, Aguero e David Silva del Manchester City; Evrà dello United, dello stesso Chelsea Terry e Lampard. Sopra di lui in pochissimi, comanda la classifica Robben che ha però vissuto solo una breve esperienza al Chelsea, nella prima avventura londinese di Mourinho.

L’importanza di Kantè, che fu di Gattuso, dello stesso Conte e così via ha riportato in auge il ruolo del mediano. In un calcio sempre più tecnico, dove qualsiasi portiere deve giocare la palla coi piedi e l’azione comincia sempre dalla difesa, resta ancora indispensabile la presenza di chi il calcio lo distrugge, nel senso più onorevole del termine. Con grinta, polmoni e tanti attributi.